PRIMI PASSI
Consigli ai neofiti

Terza parte



Cari amici, se ho deciso di scrivere questa breve serie di articoli chiamata “Primi passi” è perché di sovente mi capita di pensare ai miei inizi, tanti anni fa. Ogni volta, infatti, che noto un ragazzino in pesca mi rivedo, giovane e pieno di speranze, in attesa di catturare pesci “enormi”, di strenue lotte contro “avversari” forti e grossi. Quasi tutte le riviste di pesca contengono articoli tecnici, diretti a pescatori già esperti, dimenticando, per me, che non tutti lo sono. Tanti di voi sono delle persone che hanno iniziato da poco a pescare, che ancora non hanno quella malizia che contraddistingue chi è più assiduo sull’acqua e che ha attrezzature più specializzate.
Questi articoli, pertanto, sono dedicati proprio a voi nella speranza che la pesca (pretesto per vivere secondo natura) vi entri nel sangue senza più abbandonarvi.
Al momento tutta la vostra dotazione è la solita “canna del nonno”, in vetroresina, lunga quattro metri e armata di un vecchio e robusto mulinello. Pescando un po’ a fondo e un po’ a galleggio avete già fatto le prime catture. Qualche bel scardolone, qualche carpetta, alcuni pesci gatto e varie trote da laghetto sono entrate nel vostro cestino. Girando per negozi, però, alcune cose attirano sempre la vostra attenzione. Le pareti di artificiali coloratissimi che arredano molti esercizi stuzzicano la vostra fantasia e, poi, l’ascoltare i discorsi di chi fa spinning vi cattura sempre più. È sempre la solita storia! Si inizia con poco e, poi, si vorrebbe avere di tutto senza badare al fatto che gli artificiali, i mulinelli e le canne specifiche costano. In questo articolo, pertanto, voglio darvi alcuni brevi suggerimenti per iniziare a usare gli artificiali.
Innanzitutto, prima di fare spese, dovete considerare bene dove andrete a usarli e quali caratteristiche hanno questi luoghi. Solitamente chi inizia lo fa’ nelle “piccole acque”, più accessibili e apparentemente meno dispersive. Così è che stagni, cave, larghe, canali e fiumi stretti e lenti divengono le palestre ideali ove impratichirsi.
Queste acque si dividono usualmente di due categorie, quelle libere da ostacoli e altre ove sia la vegetazione al largo che nei sottosponda è notevole. Le differenze di questi posti sono tante e sia l’eventuale presenza di vegetazione (anche molto fitta), la profondità dell’acqua e la velocità della corrente devono essere elementi da tener presenti prima di comperare gli artificiali. Bisogna pensare quali pesci vorremmo catturare e quali potrebbero essere quelli più frequenti ove ci troviamo.
Ma cosa comperare tra tanta offerta? Per questi motivi, prima di consigliarvi su eventuali acquisti specifici, vi voglio raccontare come facevo io agli inizi.
Come dicevo, la “canna del nonno” da quattro metri è ancora l’unica. Non è decisamente una canna da spinning ma è, pur sempre, una canna. La bobina del mulinello è piena di lenza dello 0.25-0.30 e, volendo, ci sono a disposizione 3-4 galleggianti diversi e qualche piombo da fondo. Ma come utilizzarla per fare spinning? In questi casi l’esca artificiale deve avere caratteristiche tali da poterla usare come se fosse, quasi, un’esca naturale. Per questo scopo si prestano benissimo i piccoli vermi in lattice, quelli con il corpo corto e grosso e la coda lunga e larga, che chiamano twister. Questi affondano lentamente in acqua e, quando recuperati, ruotano scomposti su se stessi, cosa che è decisamente adescante. Poi, fatto non trascurabile, costano poco. Bene, applichiamo il galleggiante sulla bava, quel sughero sui quattro grammi e affusolato. In seguito applichiamo al moschettone un finale con l’amo (un bel amo largo del 4-6), un finale lungo sui 60-70 cm. e con un diametro dello 0.22-0.25. quindi affondiamo l’amo nel vermone infilzandolo dalla testa e, poi, facendolo passare nel corpo fino a che la punta esce vicino alla coda piatta e ritorta. Infine a dieci centimetri dall’esca applichiamo alla lenza un piombino spaccato da 0.5-0.7 grammi. Una simile montatura è talmente semplice da essere fattibile anche da un bambino di 5 anni. Dopo esserci preparati la canna partiamo subito per la cava più vicina a casa. È un posto molto verde, con acque limpide, poca profondità (sui 2-3 metri), tanta vegetazione in acqua e i sottoriva pieni di canneti, a volte fitti e altri più radi. Nel 99,9999 dei casi in queste acque ci sono i persico trota, gli scardoloni e, spesso, i persici reali. Arrivati sull’acqua ne sondiamo la profondità tirando in su il galleggiante fino a quando questo resta inclinato sull’acqua. Poi, dopo averlo recuperato, lo abbassiamo di 20-30 cm. in modo che l’esca, da ferma, stia a questa distanza dal fondo. La prima cosa da fare, senza far muovere e senza farci troppo vedere, è di calare la lenza in tutti gli spazi liberi delle canne del sottoriva.
I pesci, quando non disturbati, sono in maggioranza in questi posti. Calata l’esca in acqua, quindi, bisogna (solo con la canna), tirare in su e in giù la lenza, provocando brevi saliscendi del vermone in profondità. A questi movimenti verticali si alternano, anche, dei brevi spostamenti laterali in modo tale che il twister si muova scomposto e ruotando su se stesso.
Il secondo tentativo che bisogna fare è quello di vedere se presso i margini esterni (verso il largo) delle canne c’è movimento. Calata, quindi, l’esca in questi posti, anche sfruttando la lunghezza della canna, iniziamo a camminare lentamente trascinando il sughero e, nel contempo, agitando un po’ in su e in giù. Credetemi cari amici che, facendo così, se c’è un bass o un reale in attività, questo attaccherà subito il vermone. Ma tutto non si limita ai sottosponda. In queste piccole acque chiuse molto spesso tutta la superficie presenta vegetazione di ogni tipo, sia alghe che canne a ciuffi. In mezzo e nei pressi di questa vegetazione più lontana e indisturbata, poi, i pesci nuotano senza paura e, sovente, più a galla, quasi sotto il pelo dell’acqua. Allora, volendoci provare, abbassiamo il sughero mettendolo quasi vicino al moschettone in modo che sia a 60-70 cm. dall’esca. Innanzitutto, facendo così, è possibile lanciare il tutto un po’ più lontano e con maggiore precisione e, poi, anche quando non si recupera, il twister sta’ più vicino al pelo dell’acqua. In questi casi, dopo aver lanciato, bisogna recuperare a strappetti irregolari e con momenti di sosta mai uguali e se stessi. Il recupero deve far passare il sughero vicino alle canne e alle alghe e le brevi soste vanno fatte proprio vicino alle stesse. Poi, continuando così, si recupera fino ai nostri piedi.
Spesso tanti pescatori pensano che la fase finale sia quella meno produttiva, quella utile solo a tirar su la lenza. Per me non è proprio così. Mi è capitato molte volte che un bass (o altro) si sia messo a seguire il vermone al largo. Poi, dopo averlo osservato e inseguito a lungo, abbia deciso di attaccarlo proprio sotto i miei piedi, nel sottoriva, forse pensando di averlo bloccato, senza possibilità di fughe.
Ma passiamo ora ad un altro posto nel quale pescare. Ci troviamo, quindi, in riva a un canale o a un fiume stretto nel quale la corrente è lenta. La profondità massima è sui 4-5 metri e le rive affondano gradatamente verso il centro. In alcuni tratti delle sponde sono presenti manufatti in cemento e, in altri, la vegetazione di sponda si protende sull’acqua formando delle zone d’ombra. In acqua ci dicono che nuotino branchetti di cavedani misti ad altri di reali e, forse, anche a qualche trotarella. Noi abbiamo la solita canna ma, in questo caso, abbiamo sostituito il sughero con un sbirulino da 4-5 grammi. Ci hanno consigliato questo sughero piombato scorrevole in negozio. Lo sbirulino ha la caratteristica di affondare lentamente e, quando recuperato (anche piano) di mantenere il livello. Questa volta abbiamo fatto una nuova spesa, ci siamo comperati alcuni pesciolini in lattice lunghi sui cinque centimetri e che sembrano degli avannotti, che scodinzolano in acqua. Questi non vanno del tutto infilzati sull’amo ma devono essere agganciati solo per la testa. Il finale, poi, è più lungo, sui 100-120 cm. il fatto che lo sbirulino è abbastanza pesante e affusolato ci consente, quindi, di iniziare a lanciarlo più lontano, verso valle, a un metro dalla sponda ove siamo. Lasciatolo affondare per 4-5 secondi, iniziamo un lento, a volte lentissimo, recupero parallelo alla riva. Ogni tanto cessiamo di avvolgere la lenza in modo tale che il finale armato si adagi sul fondo. Dopo alcuni lanci di questo tipo prendiamo in considerazione acque più al largo e, pertanto, recuperiamo con metodo a distanze diverse dalla sponda. Durante tutti questi tentativi bisogna cercare di sondare l’acqua a vari livelli cosa che, con un po’ di pratica, si può fare aumentando o diminuendo la velocità e alzando e abbassando la canna.
Come vedete, anche questa volta ho ipotizzato due esempi diversi di come poter pescare con la solita vecchia canna e senza spendere molto in esche. Se, però, vi siete proprio entusiasmati della pesca a recupero e volete comperare cose più idonee, io farei così. Per un principiante io penso che la canna giusta non debba essere eccessivamente tecnica, né troppo corta né troppo lunga, ne eccessivamente dura né molto morbida. Va bene una canna lunga metri 2.40, in un buon misto di carbonio e con una corretta azione parabolico-scalare. Se di marca, una canna così risulta essere in grado di perdonare gli inevitabili errori iniziali. Senza dubbio il misto di carbonio, se ben realizzato, è meno sensibile alle rotture del carbonio alto modulo. L’azione della canna, poi, non viene penalizzata troppo come nelle canne in vetroresina e, anche se pesa un po’ di più, il peso in eccesso non costituisce un problema operativo. Naturalmente l’impugnatura, il portamulinello e i passanti devono essere ben fatti e collocati al posto giusto.
Fattore importante, infine, è che le canne di questo tipo, anche se firmate, non costano mai molto, sui 40-50 Euro. Premettendo che per il mulinello io sarei disposto a spendere un po’ di più, io penso che il mulinello giusto debba essere un po’ sovradimensionato, un buon 4000 di marca, a bobina conica e con gli accorgimenti dell’ultima generazione. Sapendo valutare bene, entro i 100-150 Euro vi sono molti attrezzi giusti per lo scopo. Una buona lenza dello 0.26-0.28 e girelle di marca, infine, a completare e rendere funzionale il tutto.
Dotatisi di canna e mulinello, dal momento che lo spinning è una pesca di precisione, prima di comperare artificiali, io passerei un po’ di tempo per impratichirmi nei lanci. Per far ciò non serve molto. Basta applicare alla girella quei piombini a perla che presentano un anellino al vertice, di quelli usati per pescare a bandiera. Mi doterei, quindi, di due-tre piombi di diverse grammature, da 5-10-15 grammi. Applicato il primo alla lenza cercherei in seguito uno spazio aperto ove non far danni in caso di lanci sbagliati.
Pescando a spinning bisogna, innanzitutto depositare gli artificiali nei posti giusti e con il minimo scarto. Essendo una pesca che tenta di innescare la reazione del predatore, l’esca deve cadere in acqua, come dicevo, nei posti più idonei e in modo tale da sorprendere e non spaventare i nostri avversari. Per questo motivo è importante imparare a “centrare i bersagli” che reputiamo migliori. Allora, volendo far pratica un sistema c’è ed è semplicissimo. Prendiamo un secchio di plastica e collochiamolo a una decina di metri da noi. La bravura starà nel lanciare il piombo dentro il secchio o nelle vicinanze. Presa la canna in mano, aperto l’archetto e fermata la lenza con l’indice, effettuiamo il lancio.per farlo bene e per raggiungere i bersagli non bisogna mai guardare la canna in movimento ma unicamente ove si vuole arrivare. Ad uno inesperto può apparire impossibile ma, dopo un po’ di lanci errati, rimanendo calmi e insistendo nel provare, la canna non viene più considerata dal nostro cervello come un oggetto estraneo ma come un prolungamento del braccio.
A poco a poco, quindi, il lancio diviene talmente istintivo e naturale che osservare un posto in acqua e depositarvi l’esca finta, anche a notevole distanza, risulta facile. Il nostro cervello è così fatto da sincronizzare quanto l’occhio osserva. Il movimento del braccio, la forza dell’azione di lancio e la sua velocità in un attimo e, anche senza pensarci, vedere un “bersaglio” e raggiungerlo diviene una cosa naturale.
Per questo motivo non scoraggiatevi subito se, ai primi tentativi, l’archetto si chiude prima del tempo e il piombo vi arriva addosso, se non riuscite a stoppare un lancio e il vostro peso arriva nella casa del vicino o se vi si formano delle parrucche di lenza in bobina, sono inconvenienti che tutti i principianti hanno provato e che, a volte, capitano anche a chi lancia da anni. L’importante è di essere motivati, a divertirsi a provare e di essere caparbi nel raggiungere la meta. Poi il secchio andrà spostato più lontano, magari dietro un cespuglio che, pur non celandolo del tutto, renda il lancio più difficile e comporti “lanci a pallonetto”. E così via, sino a quando quasi ogni lancio risulti corretto e positivo. Solo dopo, provati pesi di varie grammature e dopo esserci cimentati a lungo, penseremo agli artificiali e a dove usarli.

Francesco Venier