PRIMI PASSI
Consigli ai neofiti

Seconda parte



Con il passare del tempo, dopo i primi esperimenti nei canaletti vicini a casa e nei laghetti a pagamento, la passione per la pesca ha cominciato ad entrarvi nel sangue. Ormai parlate a lungo con alcuni dei vostri amici che, già da tempo, praticano questa attività, vi guardate attorno alla ricerca di nuovi posti desiderosi di provare altre esperienze. Ma dove andare? che pesci cacciare? quali metodi adottare? ecco, le domande aumentano, tutte richiedono risposte certe e rassicuranti ma parlando vi accorgerete che i pareri sono tanti, diversi e a volte contrastanti tra di loro.
Un amico vi ha parlato di una cava in disuso, ove la natura ha ripreso il suo posto, regno di grossi lucci e di persico trota. Un altro conoscente vi invoglia informandovi di una zona portuale sulla riva del mare ove i cefali “cadono a pioggia”. Un terzo amico, poi, vi descrive nottate senza luna in riva al fiume a pesca di anguille forti e caparbie.
E voi sognate di catture eclatanti e di giornate avventurose in mezzo alla natura.
La vostra attrezzatura consiste ancora solamente nella vecchia “canna del nonno”, una robusta telescopica in vetroresina lunga quattro metri, munita di un grosso mulinello a bronzine, un complesso ormai superato tecnicamente ma memore di tante gloriose giornate di pesca. Le possibilità economiche non sono molte e voi ancora non volete spendere troppo per la pesca. Non preoccupatevi! la “canna del nonno” può assolvere bene allo scopo di pescare nei posti e ai pesci di cui vi hanno parlato gli amici.
Ma parliamo un po’ della prima magica zona di pesca, le cave. In ogni dove, in Italia, ci sono cave dimesse tornate allo stato naturale. In questi luoghi dimenticati la natura ha ripreso il suo posto, le falde acquifere hanno riempito nel tempo le grandi buche estrattive e, con essa, la vegetazione di sponda e d’acqua ha proliferato favorendo il ripopolamento e la vita di molte specie di pisci di acqua dolce.
Tra queste due specie sono nei pensieri di chi inizia: gli ecocidi e i persici. Di lucci e di bass tutti i pescatori parlano spesso, sono pesci combattivi che regalano grandi soddisfazioni e che, da sempre, sono nell’immaginario collettivo.
I principianti, quindi, ne sentono parlare molto e il desiderio di catturarli aumenta. Utilizzando la “canna del nonno” il sistema migliore per pescare questi predatori è con il vivo. La lenza dello 0.20 va sostituita con una dello 0.30 e il sughero affusolato va sostituito con uno bombato capace di sostenere una decina di grammi. Varie sono le montature possibili per pescare con il vivo e io, solitamente, adotto la più semplice e immediata. Sughero a palla – un metro di lenza – piombatura unica sopra il moschettone – finale di cavetto termosaldante verde lungo 40 cm. – ancoretta medio-piccola. Nelle cave i predatori prediligono sostare in caccia tra i canneti di sponda, ai margini esterni dei banchi di alghe che si protendono verso il largo e nei pressi dei banchi di canne e di alghe nel mezzo.
Una canna così preparata, quindi, consente di sondare tutti questi luoghi senza eccessivi problemi operativi. Naturalmente bisogna procurarsi un po’ di alborelle vive, lunghe 6-8 cm., mantenute in buono stato in un secchio d’acqua.
Le prime volte e pescando con una canna sola non ne servono molte, una dozzina sarà più che sufficiente a garantire un pomeriggio di pesca. L’acqua del secchio dovrà essere sostituita in parte periodicamente per mantenerla ossigenata o bisognerà dotarsi di un ossigenatore a batteria.
La pesca al luccio e al bass con canna unica rende di più se ci si sposta spesso. Ogni possibile zona di mimetizzazione dei predatori in caccia va sondata immergendovi l’esca viva e attendendo in silenzio e fuori dalla portata visiva dei pesci, quindi un po’ all’interno delle sponde per 10-15 minuti. Se in questo posto c’è un luccio o un bass in caccia il suo attacco non si fa mai attendere troppo. E, così, cambiando spesso posizione, la riva e i canneti al largo vanno provati con metodo. Naturalmente se, anche lontano da ove siamo, notiamo branchetti di avannotti saltare fuori dall’acqua quasi sempre il fenomeno testimonia la presenza di un predatore in attività. Bisogna, quindi, recarsi subito in questi posti e provare a depositarvi con accuratezza l’esca. È un metodo di pesca semplicissimo e adatto ai principianti che, se dotati di un guadino a manico lungo, non tarderanno a ottenere notevoli soddisfazioni.
Del resto, cari amici, io sono convinto che non sempre il complicarsi la vita dà frutti e che, spesso, la via più semplice è la migliore.
Ma cambiamo ora completamente tipologia di zona e di prede ricercate.
Un amico vi aveva parlato, infatti, di una zona portuale ove i cefali erano tantissimi e di stazza notevole. Anche questa preda di mare, quando raggiunge pesi dal chilogrammo in su mette a dura prova ogni attrezzatura e diverte molto. Così è che, dopo esservi bene informati su dove si trova il posto, decidete di andare per pescare i cefali.
Anche in questo caso la “canna del nonno” va bene così come è. Il sughero a palla va sostituito con quello affusolato da 3-4 grammi utilizzato in precedenza. La lenza madre dello 0,30 di cui il mulinello è pieno va mantenuta ma i finali, lunghi una cinquantina di centimetri rendono meglio se sono dello 0,22-0,25 e sempre con il solito piombino a 10 cm. dall’amo. Bisogna, infine, utilizzare ami a curva più stretta e a gambo più lungo, sempre del 10 o del 12. Come esca la più idonea sono i vermi di mare (da noi chiamati tremoline). Solitamente i cefali nuotano in molti a poca distanza dalla superficie dell’acqua e, quindi, in particolare bisogna provare a pescare a mezz’acqua a 1-1,5 metri dal pelo. A cefali, tanti usano come esca anche il pane e i bigattini ma, per me, i vermi teneri di mare (almeno nelle acque del nord, rendono decisamente meglio).
Quando i cefali collaborano e entrano in frenesia alimentare la loro pesca è facilissima e frenetica. È tutto un mangia-mangia che non consente al pescatore pausa alcuna. Purtroppo, però, non è sempre così. Il cefalo è un pesce estroso e imprevedibile che mangia solo dove e quando vuole.
Nell’arco di una intera giornata, pur presenti in branchi in ogni zona del porto, possono decidere di alimentarsi per solo un’ora e solamente in una determinata e ristretta zona portuale. A volte, quindi, può risultare difficile incocciare sia il momento magico che il posto prediletto dal pesce come mensa. Come dovrebbe comportarsi, quindi, un principiante per la prima volta a cefali?
Bene, io vi consiglio di fare così. Giunti sul posto preparate la vostra canna e guardatevi intorno. Spesso noterete altri pescatori in attesa in posti diversi del porto. Senza essere impazienti, mettetevi un po’ a girare e ad osservare se qualche pescatore sta’ catturando a ripetizione. Se e quando fortunatamente ciò accade è testimonianza che i cefali hanno scelto quella determinata zona per mangiare. Noterete, quindi, che spesso, pur essendovi tanti pescatori, solo in quel posto si effettuano catture. Dopo avergli chiesto il permesso, pertanto, piazzatevi a pescare vicino a lui. Nella pesca del cefalo, infatti, contrariamene ad altre, la vicinanza (a stretto gomito) di più pescatori è,per me, sempre produttiva. In acqua il branco di pesci troverà sempre ami innescati e, quindi, tenderà a non spostarsi altrove. Spesso in questo modo, come dicevo, il branco entra in una vera e propria frenesia alimentare che porta i singoli individui ad attaccare anche ami quasi nudi di esca.
Noterete, cari amici, che pescando così ci si diverte molto. Certe volte non si ha nemmeno il tempo di usare il guadino e i pesci vanno salpati di forza, cosa che giustifica l’utilizzo di lenze grosse particolarmente quando questi pesci passano il kg. di peso. Se poi, avrete la fortuna di incappare in un branco di grosse boseghe (grossi cefali anche da due kg. o più) e entrate in porto al seguito di una nave, l’esperienza rimarrà indelebile nella vostra memoria.
È passato del tempo, ormai, la pesca vi ha preso del tutto e una sera decidete di seguire le indicazioni di quel vostro amico amante la pesca delle anguille in fiume. Quante volte ve ne ha parlato, vi ha descritto la forza di questi neri “serpenti”, vi ha raccontato di spedizioni in notti senza luna lungo le sponde di certi fiumi. Con il buio tutto appare tragico e misterioso, l’acqua risplende di luce propria e i rumori della natura catturano di più l’attenzione di chi li ascolta. Ma come fare? come comportarsi nel modo giusto? Io vi posso solo dire di come faccio io e di cosa l’esperienza mi ha insegnato.
E' vero, le anguille, quando possono, quindi in acque aperte e non nei laghi senza immissari, sono migratorie. Quando, in primavera, arrivano nei fiumi provenienti dal mare li risalgono vagando in ogni zona dei fondali. Poi, però, tentano a crearsi delle tane nel fango del fondo e dei sottoriva e mantengono quei territori limitrofi i loro rifugi come zona di caccia dai quali escono principalmente la notte. Sono pesci, infatti, che cacciano al buio usando in prevalenza l’olfatto. A volte, inoltre, il buio si crea anche di giorno a causa degli eventi naturali. Nelle giornate di temporale, quando a monte ha piovuto molto, la corrente del fiume aumenta di molto e le acque si ingrossano e si intorpidiscono sotto l’azione erosiva della corrente.
L’acqua pare molto fangosa e sotto, in profondità, il buio è assoluto. Pare impossibile ma, anche in queste condizioni proibitive, le anguille si muovono in caccia e il loro olfatto è così potente da individuare il cibo anche a distanza di metri. Volendole pescare bisogna sempre tener a mente queste cose.
La “canna del nonno” va ancora bene. La lenza dello 0,30, contenuta in bobina assolve ottimamente allo scopo e deve essere abbinata a lunghi finali da 50-60 cm. dello 0.28 o sempre dello 0.30.
Prima del moschettone andrà inserito un piombo a saponetta da 40-100 grammi a seconda della forza della corrente e di quanto in fuori vorremmo depositare l’esca. Sul cimino della canna andrà fissata una starlite o un campanello e il tutto andrà appoggiato su di un portacanna, magari ricavato da un ramo a Y. Visto che l’olfatto del pesce è il senso da colpire maggiormente, i bocconi di vermi di terra dovranno essere composti da due o più vermi, innescati in modo che restino ben fissati sull’amo e, nel contempo, che il loro volume sia notevole pur senza inibirne il movimento. Uno “schifoso bocconaccio”, quindi, di lombrichi di terra a contorcersi in acqua rilascianti il loro inconfondibile odore (per verificarlo basta che vi annusiate le mani!).
Ma dove lanciare l’esca con tanto fiume e tante sponde a disposizione? Come dicevo, risalito il fiume, le anguille tendono a fermarsi e a farsi la tana. Ove lungo le sponde, quindi, esistono già comode piazzole di pesca, è ipotizzabile che li già tanti pescatori si siano messi ad anguille catturando, così, molte di quelle che si erano fermate in zona. È vero, queste vengono rimpiazzate da altre giunte dopo, ma come si fa a sapere se proprio la sera prima un pescatore a “ripulito i fondali”?
Per non sbagliare, pertanto, è bene piazzarsi in zone della sponda del fiume ove la vegetazione sia intatta e tanto meglio è se intricata e inibente la esca. Di sicuro le eventuali anguille presenti nelle acque prospicienti saranno ancora presenti e indisturbate. È meglio, quindi, sobbarcarsi un po’ di fatica per aprire un varco all’acqua che starsene altrove comodi senza pescare nulla.
Sovente al tramonto, quando la luminosità diventa scarsa la prima anguilla attacca l’esca. Poi non ci sono regole fisse. Possono passare anche periodi più o meno lunghi tra un attacco e l’altro e la pesca diviene una questione di attesa. Quando, però, il campanello suona o la starlite si muove è una esperienza unica, l’adrenalina sale e, se la ferrata è produttiva, vi accorgerete di cosa significa avere una anguilla in canna!

Francesco Venier