LE CAVE DI CASALE




Casale, Casale ! Quante belle pescate vi ho fatto ! Quante felici giornate in barca in compagnia a volte di amici e, a volte con “la mia metà”!
Mi è venuta la voglia di parlarvene.
Dalle parti mie, queste cave, sono notissime a tanti pescatori ma, a quelli di altre regioni, forse meno.
Le cave di Casale sono un vero e proprio “mondo a sé”. Sono una serie di cave molto grandi, nel mezzo di un territorio esteso e pieno di verde, piene di pesce, facili da raggiungere, vivibili pienamente non solo dai pescatori ma anche dai loro familiari, vicine a molti servizi sia utili che voluttuari, a poca distanza da fornitissimi negozi di pesca ove si trova di tutto e, appunto, come dice il nome, a due passi da Casale sul Sile.
La prima volta, tanti anni fa, che mi ci sono recato, mi hanno letteralmente “tolto il fiato”. Vedere specchi d’acqua così estesi, labirinti di canneti così promettenti e anse e bassifondali così accattivanti mi ha subito fatto dire: “questo è il posto per me!”.
Sia per chi pratichi lo spinning che per i carpisti, queste cave costituiscono un ambiente ideale per esercitare la propria passione preferita. Qui si possono pescare bass da due kg. e più (sette anni fa ho catturato un bass da 3 kg.) e le carpe sono numerose e di dimensioni ragguardevoli, a volte più di venti kg.. Anche i lucci come i persici reali, le anguille come le tinche sono in gran numero e molto belli.
La profondità media, nel mezzo è sui due metri, con qualche rara buca. Presso le rive sale a un metro e anche meno.
Le cave di Casale, come dicevo, sono un ambiente perfetto per i bass, non a caso spesso i piloti americani, che stazionano ad Aviano (in Friuli) ci vengono a pescare. Quando ci sono si fanno subito notare per le molte canne a pistola, dotate di mulinelli rotanti montati superiormente. Vedeste quanti vermoni in lattice si portano appresso! Un negozio! Ma anche quando ci vado io, non scherzo!
Pescando in due dalla barca, abbiamo sempre a disposizione tre canne a testa, montate e pronte all’uso. La prima con lenza dello 0,28 viene dotata di vermone antialga in lattice. Sulla seconda usiamo adottare esche di superficie, quasi sempre un crazy o un flutter della Heddon americana. La terza canna, infine, è destinata ai minnow, sempre floating, sui 6-8 cm. di lunghezza, quasi sempre di marca rapala.
In barca, inoltre, da bere, da mangiare e da ripararsi se minaccia pioggia.
Ciò detto, dopo avervi indicato un posto nuovo, volete che vi parli dei fiori che si trovano sulle rive o di pesca ?!! Scherzavo! Non temete!
Bene, provate ad immaginare due esperienze diverse in mia compagnia.
Un giorno andremo a spinning e un altro a carpe.
E’ l’alba e, giunti sul posto, saliamo in silenzio in barca. Il primo posto ove lanceremo è proprio sui bassi fondali prospicienti le numerose “vecchie” cavane e, quando aperte e vuote, anche dentro di esse.
Per ogni zona di lancio tenteremo al massimo due o tre volte, utilizzando a turno i tre diversi tipi di artificiali. Se un persico trota c’è e vuole attaccare, lo fa subito ma, se non ne ha voglia, è inutile insistere troppo ed è bene cercarne un altro più disponibile.
Quindi, provate le cavane, ci sposteremo, con metodo e sempre lanciando verso il largo. Aumentando gradatamente la profondità, volendo provare più sotto, dovremo zavorrare i vermoni con piombi di grammature maggiori ma mai superiori ai 5-6 grammi. In questo caso, in questo posto ma penso anche in altri, è bene montare il piombo in un modo diverso e originale.
Solitamente il piombo conico scorrevole viene sistemato appena sopra l’anello dell’amo antialga, in corrispondenza della testa del vermone. A Casale, invece, io uso montare i vermoni in questo modo.
Con l’ausilio di un pezzo di stuzzicadente incastrato all’interno del piombo conico, fermo quest’ultimo a 30-40 cm. dall’amo. In questo modo, quando il piombo si adagia sul fondo, tra le erbe, il vermone, inerte o semigalleggiante, resta meno nascosto risultando più visibile.
I recuperi devono essere sempre molto morbidi e, spesso, solo di canna e non di manovella. Questo tipo di azione serve a due scopi:
In primo luogo consente di sondare scrupolosamente tutti gli avvallamenti che l’esca incontra lungo il suo tragitto.
In secondo luogo consente di individuare gli eventuali ostacoli sommersi come tronchi, vecchie barche affondate o altro che siano.
Quando si individua uno di questi posti è bene fissarne la posizione in testa e provarci a pescare, durante la giornata, in tempi diversi. Sono vere e proprie tane, potenzialmente produttive, ove i bass e i lucci amano sostare. Attenti, però, in caso di attacco, la ferrata deve essere subitanea e decisa. Se il persico riesce a entrare nella tana, è da considerarsi perso insieme alla nostra esca.
Poi, abbandonate le acque libere, cominceremo a battere sia i canneti delle sponde che quelli degli isolotti. Metro dopo metro, lancio dopo lancio, percorreremo così km. e km. di sponde.
Se nel nostro vagare noteremo dei bassi fondali, anche liberi da vegetazione (sono numerosi ed evidenti), prenderemo subito la canna armata di minnow e, con lanci molto lunghi, faremo in modo di far nuotare il nostro pesce finto, appena sotto il pelo dell’acqua, in ogni luogo.
Negli stessi bassifondali, a sera, useremo i crasy e i flutter. Recupereremo i primi a velocità media onde far diminuire il ritmo della nuotata aumentandone, così, l’oscillazione e rendendo l’azione più evidente. I flutter andranno recuperati nel solito modo, a scatti, per provocare gli attiranti spruzzi.
Pescando in questo modo e avendo anche un po’ di fortuna, le soddisfazioni non mancheranno di certo.
Altra storia e altra diversa giornata di pesca insieme.
Questa volta si va a carpe. Io, scusatemi, non uso fare il carpfishing vero e proprio e, in questo tipo di pesca, vado controcorrente.
A carpe uso tre canne telescopiche munite di sughero da 5 grammi e finale semplice munito di amo singolo ritorto ed a punta storta all’interno E’ vero, le pesco come i nostri nonni ma, a me piace così. Cercheremo una zona della riva libera ma affiancata da canneti e, possibilmente, con canneti rarefatti sul davanti.
Per come pesco io, la profondità ideale và dal metro al metro e mezzo. Innesco i miei ami con bocconi di polenta gialla precotta, fatta bollire per 1-2 minuti, onde darle una consistenza gommosa, malleabile e resistente sull’amo. Pasturo, quindi, con mais in scatola, del tipo usato per l’alimentazione umana. Se la profondità della zona è di un metro, posiziono il sughero della canna a 1,5 metri dall’esca in modo che questa sia adagiata sul fondo. La bava inclinata e il sughero completamente disteso sull’acqua.
Solitamente posiziono la prima esca a 2-3 metri sulla mia sinistra, quasi a contatto con la sponda. La seconda pallina di polenta innescata va disposta sulla destra, a 1-2 metri dalla riva e la terza, l’ultima, di fronte alla postazione, a 3-4, o più, metri verso il largo. Se qui ci sono canneti rarefatti, la sistemo proprio nel mezzo di questi badando che la lenza, tra canna e sughero, sia quasi lineare, adagiata sull’acqua e, se possibile, trattenuta in posizione o da erbette o da monconi di canne presenti.
Questo accorgimento fa sì che, se c’è un po’ di brezza, la bava stia quasi ferma, senza far derivare il piccolo sughero.
Fatto ciò, posizionate le esche in acqua e sistemate le canne sulla riva in modo che siano a stretto contatto fra di loro, tutte e tre a portata della mia mano destra, inizio una pasturazione oculata e capillare, usando il mais.
Quello che cerco di fare sono dei veri e propri sentieri di mais e, per fare ciò, con un raggio d’azione di 40-50 metri da dove pesco, a mano o con la fionda, cerco di distribuire linearmente un po’ di grano alla volta formando, così, in acqua , una rete di gialli sentieri sommersi, tutti convergenti sui miei ami.
Questa operazione è, a mio avviso, produttiva e va ripetuta ogni due ore, con metodo e senza far rumori inutili.
Dovete sapere che nelle cave di Casale e, in genere, in tutti i piccoli specchi d’acqua con rive rigogliose e fondo melmoso, le carpe, quasi in lento corteo, amano circunnavigare i sottosponda del posto tenendosi vicine, se non quasi a contatto con le rive. Grufolando in queste zone, infatti, trovano di tutto, dai vermi agli insetti e le bacche selvatiche dei onnipresenti cespugli di rovi e di altro genere, vicini, se non sovrastanti, l’acqua.
Questi posti (i nostri nonni lo sapevano bene !) sono ideali per andare a carpe e, a mio avviso, il volere forzatamente attirarle in pastura anche a 100-150 metri al largo è, a volte, una fatica superflua.
Poi, come sempre, è una questione di paziente attesa ma, a differenza del carpfishing, non è una azione statica, in branda, aspettando che il cicalino suoni. Pescando le carpe a mio modo, bisogna essere sempre vigili. Bisogna costantemente osservare sia l’acqua che l’ambiente circostante, canneti in primis. Ogni movimento anomalo delle canne emerse e ogni fioritura di bollicine in acqua può essere testimonianza dell’avvicinarsi della regina.
C’è anche un altro modo di capire se una grossa carpa è in arrivo. Se, nelle ultime ore, le tinche sono state presenti, facendosi pescare e, poi, inspiegabilmente, la loro attività cessa di colpo, solitamente il motivo è che una grossa carpa si è interessata alle nostre esche.
Anche se questi pesci sono tutti grufolatori, quando una tinca vede una grossa sagoma nera in arrivo, non si ferma a verificare se è un luccio o una carpa, preferisce, pertanto, andarsene senza rischiare di fare brutti incontri.
Ciao a tutti.

Francesco Venier