Ci risiamo! Quante volte ho parlato di lui?! Il magnifico black bass! Ormai è diventato un mio “amico”che frequento da tanti anni. Nonostante tutto la pesca del bass non mi stanca mai, non mi annoia e ogni anno rinnova la mia voglia di rincorrerlo. Il persico trota, probabilmente, non mi stufa mai perché è il pesce più pazzo, estroso e stimolante che conosca. Il bass sfugge a qualsiasi comportamento prestabilito e scontato e ci costringe, di volta in volta, a variare i nostri comportamenti e le nostre attrezzature. Le esche che una volta funzionavano benissimo, ora rendono meno. I posti dove sempre lo trovavamo ora sono deserti e anche le ore durante le quali erano attivi a volte cambiano.
Il persico trota è tutto tranne che un “automa”. E’ dotato di personalità di gruppo e individuale, osserva ed impara, poi ricorda. Per questo motivo, tentandolo a spinning, nulla è scontato. In questo tipo di caccia non ci sono, a mio avviso, regole fisse che siano universali e inalterabili nel tempo. Al massimo ho verificato che ci possono essere alcuni comportamenti che è consigliabile adottare. Facendo in un certo modo non è che ci sia la certezza assoluta di catturare di più ma, forse, le probabilità aumentano.
1) L’assuefazione all’esca.
Il fatto che il persico trota impari a riconoscere, evitandoli, i nostri inganni è una delle poche cose certe. Questa caratteristica è uno dei motivi a giustificazione delle migliaia di esche diverse che vengono prodotte. Come deve fare allora un pescatore per evitare di essere scontato e prevedibile? Deve osservare e, se possibile, essere “discreto”. Quando, tanti anni fa, un mio amico mi regalò il mio primo crazy-crawer, esca allora rarissima e inusuale, fu subito festa! Bastava recuperarla a dovere presso i canneti per vedere subito i bass in caccia. Il mio amico Marco mi disse in quella occasione: usala solo quando non ti vedono. Aveva ragione! Quando si fa spinning al bass, in particolare in acque poco frequentate, più il nostro artificiale è raro, poco diffuso ed usato, e più rende. Come vi dicevo, quando iniziai ad usare il crazy in una certa cava, ero l’unico a farlo. Non vi dico le catture! Poi qualcuno mi notò, vide cosa usavo e così fummo in due, poi in tre. Dopo poche settimane i bass presenti, ancora tanti, si erano assuefatti al crazy che, pur rendendo sempre, catturava meno, anche di molto. Il bass aveva imparato a riconoscerlo e spesso, quindi, lo evitava.
La stessa cosa si è ripetuta con i minnow e, in seguito, con i vermoni in lattice. Che insegnamento ne ricavai? Imparai ad essere più accorto e discreto. Ora, in certe condizioni ambientali, se uso una esca particolare e rara, prima tengo tutto per me e poi, magari, lo dico agli amici.
2) La scomodità operativa.
Oggi gli spinnofili sono tanti e non tutti, per fortuna, hanno barche o ciambelloni. Vista la quantità di pescatori che lanciano dalle rive, tutti i posti a portata di canna sono molto battuti e, inevitabilmente disturbati. Più una postazione di lancio è comoda, priva di ostacoli a terra e in acqua, più è sfruttata da tanti pescatori. Conseguenza di ciò è che i bass della zona, dopo un po’, si allontanano in luoghi più tranquilli e solitari. Le acque, invece, prospicienti a rive molto infrascate, con sottoriva piene di alghe e canne, rendono lo spinning molto difficile e, talvolta, quasi inattuabile. Ne risulta che in questi posti la presenza di pescatori è rara se non assente e, così, i bass vi dimorano in abbondanza poiché non sono disturbati da nessuno. In questi posti la loro diffidenza è minore e attaccano gli artificiali con naturalezza e aggressività non temendo pericoli di alcun genere. In questi casi non servono lanci lunghi ne recuperi particolari.
E’ sufficiente che l’esca vibri un po’ in acqua per indurre i persici trota presenti ad attaccare l’intruso. In queste condizioni l’insegnamento da ricavare è che più un posto di lancio è scomodo, più rende.
3) La consapevolezza delle profondità operative.
Quando si pesca con esche affondanti è d’obbligo conoscere le profondità delle zone ove lanciamo i nostri minnow o i nostri cucchiaini. Solo conoscendo le profondità e avendo l’assoluta padronanza degli affondanti usati, si possono sondare a turno i vari livelli dell’acqua, dal fondo ai vari strati superiori. Tutto è utile, magari in un giorno solo dedicato allo studio e alla osservazione per prendere consapevolezza delle caratteristiche delle acque che intendiamo pescare. Usando canne lunghe munite di galleggiante e di sonda a molla, come si fa talvolta per la passata, con metodo e pazienza, bisogna sondare un po’ alla volta i vari spazi d’acqua per stabilire sia la profondità media dei fondali che la eventuale presenza di buche e di avvallamenti. Tutte le indicazioni ricavate serviranno in seguito, una volta a spinning, per meglio utilizzare i nostri artificiali affondanti.
E’ frequente, infatti, senza conoscere le profondità reali, che uno spinnofilo recuperi il minnow di turno in zone ove ci sono i bass ma a profondità superiori o inferiori a quelle ove i persici trota in quel momento stazionano in agguato.
In presenza di fondali con buche irregolari, è facile che un bass decida di stare in caccia proprio celato in una di queste fosse. A volte è sufficiente che l’artificiale nuoti alcune decine di cm. più in alto perché sia trascurato. E’ logico, quindi, ed e questo l’insegnamento: bisogna sapere, con la minima approssimazione, quali sono le profondità delle acque ove facciamo spinning.
4) Le ore più proficue.
Non sempre durante il giorno i persico trota sono attivi. Un buon pescatore deve capire in che ore è meglio pescare e come stabilire quali sono le ore migliori. I periodi di attività dei pesci, ovvero la loro predisposizione ad entrare in caccia, si possono desumere sia da osservazioni visive che da considerazioni su vari fattori ambientali. Sintetizzando al massimo, due sono le variabili che maggiormente influenzano il risveglio dal torpore: la temperatura e l’umidità dell’aria. Durante le calde ore centrali delle giornate estive ho verificato che i bass entrano in maggiore attività solo quando e dove le temperature sono meno opprimenti. Nel primo mattino e al tramonto, quindi, ma anche in profondità e in tutte quelle zone ove l’ombra perdura più a lungo rinfrescando l’aria.
In inverno, peraltro, quando l’acqua è fredda, c’è maggiore attività nelle ore centrali e soleggiate della giornata, magari (come si dice) “in battuta di sole”. In questi luoghi, infatti, la superficie dell’acqua si intiepidisce riscaldando il sangue dei nostri amici pinnuti e, così, il loro metabolismo accelera. Come dicevo, anche il tasso di umidità è importante. In estate quando nelle ore del primo mattino e del tramonto e quando il tempo volge al brutto o piove, l’umidità dell’aria aumenta e di conseguenza tutti gli insetti volanti hanno le ali appesantite e volano bassi raggiungibili dai pesci, costituiscono una mangianza inducente i pinnuti a stare in attività e in superficie. I grossi predatori, in queste circostanze, trovano facilmente sia tanti insetti che il novellame in branchi.
D’inverno, inoltre, quando ci sono nuvole e quando piove, l’aumento della umidità specifica rende l’aria meno fredda. Il relativo calore del suolo, così, complice “l’effetto serra” provocato dalla cappa di nuvole, si disperde con maggiore lentezza e, come dicevo, la temperatura dell’aria anche se di poco, aumenta. Logica conseguenza è che i pesci che non vanno in letargo (i predatori) sono meno intorpiditi e più disposti a muoversi in caccia.
In natura, cari amici, esiste certamente l’estro individuale, ma in ogni caso i rapporti di causa-effetto sono più accentuati. Quasi nulla è dovuto al caso e, a saperle leggere, le regole universali possono essere sfruttate a nostro favore.
Francesco Venier
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